Il testo che segue fa parte di una ricerca sulla vita della Beata Giovanna da Signa effettuata da Vito Gentile e Andrea Gradi per capire i motivi per cui fu fatta Beata 4 volte e perché non fu fatta Santa nonostante i miracoli post-mortem fossero numerosi e documentati.
A seguito della scoperta dell’Anonimo scrittore del Codice Membranaceo e cioè di un prete, la ricerca è stata completata e inviata all’Ufficio competente del Vaticano per vedere se almeno questa volta la Beata Giovanna diventi almeno SANTA EQUIPOLLENTE
IL CODICE MEMBRANACEO
“VITA E MIRACOLI DELLA
BEATA GIOVANNA DA SIGNA”
Durante la ricerca sulla Beata Giovanna abbiamo sempre parlato del Codice Membranaceo conservato presso la Pieve di Signa, redatto da un Anonimo scrittore.
Sappiamo che è senza numeri, misura millimetri 315x222, ha fogli 9 + 2 fogli cartacei, uno in principio e l’altro in fine, scritto in latino in due colonne con sufficiente nitidezza.
Tutti gli scrittori che hanno scritto della Vita e dei miracoli della Beata Giovanna quali Saturnino Mencherini, Hippolite Delehaye, Giuseppe Maria Brocchi, Orlando Pietro Cingarelli, Giuliano Dati, Marco Lastri, Silvano Razzi, Agostino da Signa, Fedele Soldani ed altri, tutti hanno preso spunto da questo codice tanto che i miracoli effettuati e scritti in tale codice sono similarmente trascritti più o meno alla stessa maniera.
Nessuno di loro si è mai posto il problema o avesse effettuato ricerche, su chi fosse quell’anonimo scrittore che avesse riportato quei miracoli quando la Beata Giovanna era morta da tempo.
Cerchiamo allora di capire chi può essere stato e perché.
- IL testo è scritto in latino
La relativa deduzione che ne traggo è di una persona colta che sappia leggere e scrivere e conosca perfettamente la lingua latina. In quell’epoca i requisiti di persone che avessero queste caratteristiche erano i giureconsulti, qualche nobile e soprattutto i preti.
Senza perdermi in noiosi giri di parola propendo sicuramente per l’ultima ipotesi; un giureconsulto o un nobile non avrebbero avuto modo di perdere tempo, ne la fede necessaria per riportare quanto scritto. Un prete colpito da quello che sentiva sui miracoli avvenuti post-mortem aveva il tempo necessario per approfondire tali veridicità interrogando i vecchi del luogo, trascrivendo semplicemente quanto da essi raccontato e magari effettuando ulteriori verifiche su ulteriori scritti conservati nella Pieve.
- Quale era il motivo di tale desiderio riportare scritto i miracoli della Beata
Se andiamo ad analizzare il codice, la trascrizione dei miracoli non è riportata cronologicamente, se si esclude i miracoli avvenuti quando la Beata era in vita, ma quelli post-mortem vengono riportati in ordine sparso come se il nostro Anonimo venisse sempre più a conoscenza, durante la sua vita temporale, di ulteriori miracoli di cui non ne era a conoscenza. Una volta saputo faceva le sue verifiche ed una volta certo che il miracolo era raccontato con dovizia di particolari da chi li raccontava, solo allora lo riportava nel suo codice di carta pergamena. Nulla vieta di porre l’attenzione che questo mancanza di cronologia e di date fosse voluta dall’Anonimo per non farsi riconoscere.
Resta comunque il fatto che l’Anonimo prete ha avuto l’intelligenza di aver capito l‘importanza di far conoscere ai posteri quello che stava trascrivendo.
- Quale miracolo viene trascritto con la data più antica
Il miracolo che viene riportato con la data più antica risulta essere il 1383 ed è il seguente:
“Avvenne che una certa signora di Signa, chiamata donna Lippa Nardi, si ammalasse gravemente, tanto che nella sua infermità aveva perso la capacità intellettive, così da non riconoscere nessuno della sua famiglia e da non ricordarsi di chicchessia. Condotto dai suoi alla Pieve, cioè alla chiesa ove era sepolto il venerabile corpo della Beata Giovanna e toccata dal Pievano della suddetta Pieve con le reliquie, cioè con le braccia della Beata Giovanna, fu subito restituita a donna Lippa la perfetta salute, così che essa se ne tornò a casa a piedi riconoscendo i suoi parenti.
Tutto questo fu testimoniato alla lettera dalla suddetta donna Lippa nella chiesa sopra indicata, alla presenza di molti popolani della terra di Signa, nel giorno del Beato Lorenzo del 1383.” Quindi alla presenza di numerose persone, senza escludere che il Pievano abbia suggerito alla miracolata di raccontarla in pubblico.
- L’Anonimo scrittore ha lasciato degli indizi
- Nel Miracolo narrato su Duccio d’Arrighi del Popolo della Pieve di Signa riportato senza data, l’Anonimo scrive nel codice le seguenti parole: “Tutte queste cose il padre della suddetta bambina le raccontò faccia a faccia a me autore di questo scritto”.
Si può quindi dedurre che l’Anonimo avendo udito di persona di questo miracolo abbia avuto la sana idea di iniziare a trascrivere il Codice.
- Nel miracolo che trascrivo l’Anonimo lascia una traccia importante:
“Una venerabile signora di Signa, di cui per correttezza si tace il nome, (non si può quindi escludere che fosse una nobile arrivando addirittura a dire che fosse una della nobile Famiglia Mazzinghi) partorì un figlio che chiamò Lorenzo. Quando egli aveva sette mesi e mentre la madre lo teneva in braccio, passò di lì una certa donna Simona, moglie di Bacario, la quale disse alla madre: ‘non credo che vedrò il giorno che tu avrai un altro figlio’…………………tralascio il resto del racconto. Questo avvenne nell’anno 1372 alla fine del mese di aprile con la convinzione da parte dei parenti che questo concepimento fosse stato miracoloso e avvenuto per merito della Beata Giovanna”
Quale persona, nel trascrivere questo miracolo, per correttezza tace il nome della donna? Non poteva essere che un Prete se non il Pievano dell’epoca.
- L’ultimo miracolo trascritto nel Codice
L’ultimo miracolo che viene trascritto nel codice è uno dei più conosciuti e riguarda la nascita della Compagnia dei Bianchi risalente al 1348 l’anno della grande peste. Essendo quello più conosciuto dalla popolazione perché trascriverlo per ultimo?
Si ha la sensazione che il prete scrittore senta vicino la sua morte e voglia rendere omaggio alla Compagnia dei Bianchi che nel 1385 diventerà la Compagnia della Beata Giovanna. Ricordiamo che l’ultimo miracolo risale al 1383 e quindi la morte dell’Anonimo scrittore risale al massimo ai due anni successivi. Nulla esclude a questo punto la trasformazione da Compagnia dei Bianchi in Opera della Beata Giovanna fosse stata suggerita dal Pievano dell’Epoca.
- Un Pievano viene miracolato
Uno dei miracoli trascritti nel codice viene così narrato:
“Narrò il Pievano della suddetta chiesa richiamandosi alla sincerità della sua coscienza che essendosi egli gravemente ammalato e essendo la sua malattia cresciuta tanto che ambedue i medici chiamati con grossa spesa a guarirlo, giudicarono che sarebbe morto in pochi giorni.
Visto che umanamente non c’era più rimedio, si raccomandò alla Beata Giovanna e le promise che, se fosse guarito dalla suddetta malattia, ogni anno nel giorno di San Salvatore, cioè nell’anniversario della sua morte, avrebbe celebrato e solennizzato una festa in suo onore e magnificazione.
Tosto si addormentò e gli sembrò in sogno che una mano lo sfiorasse ed esplorasse tutto il suo corpo; dopodichè si svegliò dal sonno e si trovò sano e guarito, rendendo immense grazie alla Beata Giovanna, e dopo per tutta la vita tenne fede al suo voto”.
Questo miracolo non porta data.
- Era il Pievano di Signa l’Anonimo autore?
Arrivati a questo punto non ci sarebbe da meravigliarsi che l’Anonimo scrittore fosse il Pievano di Signa per i seguenti motivi:
- Era un prete
- Fu miracolato, ma nel suo racconto non trascrive il nome del Pievano;
- Come Pievano, sentendo la morte vicina trascrisse per ultimo la storia della Compagnia dei Bianchi ed il miracolo ad esso connesso;
- Fu testimone dei miracoli trascritti al punto a. e b.
- Il Codice fu trovato nella Pieve di Signa e chi poteva averlo lasciato se non il Pievano stesso?
- Saturnino Mencherini, uno che ha scritto sulla Beata Giovanna, arriva alle nostre conclusioni dicendo sull’autore; “Il nome dell’autore della Leggenda è ignoto: possiamo credere autore di essa un pievano di Signa o qualche altro ecclesiastico devoto alla Beata, ma domiciliato a Signa o nei dintorni. Chiunque egli fosse, si mostra diligente nel notare i nomi delle persone beneficiate dalla Beata e 11 volte indica pure l’anno dei prodigi, cioè 2 volte il 1348, il 1363, , il 1383 e una volta il 1366, il 1368. Il 1372, il 1374. Da queste date concludiamo che la Leggenda fu scritta circa la fine del secolo XIV certamente non prima del 1383”.
Le osservazioni su quanto scrive il Mencherini, pur trovandoci concordi che fosse un pievano l’Anonimo scrittore, sono molteplici:
- La vita ed i miracoli della Beata Giovanna non sono una leggenda; una leggenda può essere parte dei miracoli post-mortem scritti da altri autori, ma sono veri quelli scritti nel Codice Membranaceo;
- Il Pievano scrisse ben prima del 1383; infatti il miracolo segnalato al punto b. avviene nel 1372;
- La morte dell’anonimo pievano si presuppone avvenga entro la fine del secolo.
- Se fu guarito dalla Beata Giovanna questo avvenne ben prima del 1383;
- Il Codice non fu scritto in pochi giorni ma fu una lavoro meticoloso di segnalazione di almeno qualche anno.
- Le ricerche non finiscono mai e chi cerca trova
Quando uno fa ricerche ha necessità di molte informazioni sia cartacee che su Internet. La sua capacità sta nel ricordarsi quello che legge e che riesce a mettere nella sua memoria, perché gli tornerà utile in un secondo momento.
Avevo letto da qualche parte il nome del Pievano di Signa del 1383 e infatti ho trovato il libro ove viene trascritto il suo nome. Il libro porta il titolo “IN ONORE DELLA BEATA – Culto e Immagini della Beata Giovanna da Signa” curato da Maria Matilde Simari e Paola Scuffi.
A pag 63 troviamo scritto: “ Prete Naccio della famiglia dei Mazzinghi, Pievano di Signa nel 1383, anch’egli guarito dalla peste per intercessione della Beata Giovanna, solennizzò il 9 novembre, San Salvatore, giorno della morte della “Santa”, e il Comune di Signa portò tale festa a tre giornate (8, 9 e 10)”.
Ma dove hanno preso queste notizie la Simari e la Scuffi? Eccovi la risposta:
Chi fosse questo Pievano non apparisce, potrebbesi ben sospettare (secondo che il Sig. Manni avvisa) che fosse un tal Prete Naccio de' Mazzinghi da Signa, di cui ha egli avuto il Sigillo, che è di quel tempo, e che si conserva nella Raccolta Strozziana, coll'Arme de’ Mazzinghi e lettere attorno * S'. NACCI. PLEBANI. PLEBIS. DI SIGNA. Il qual Pievano poteva esser qualche cosa di quel Mazzingo di Giovanni, che per intercessione della Beata fu liberato dalla Peste e dalla cecità d'occhi.
A questo punto aggiungo quello che scrive il Brocchi:
“Fu poi sempre continuata una tal Festa, ancora dopo la morte di detto Pievano, dal Comune di Signa, essendovene moltissimi ricordi ne' libri dell'Opera della Beata. Anzi furono sempre così impegnati i Signesi a mantenerla in uso, che imposero a ciascheduno di quel Comune una tassa annuale da pagarsi il suddetto giorno siccome costa da un Contratto rogato per ser Francesco Riesci il dì 27 Febbraio 1562 in cui si legge: Pena di fiorini due a chi non guardasse la festa di S. Salvadore, e della morte della Beata. Chi non pagasse il “debito, che avesse dell'offerta a detta Beata, non possa godere ufizio alcuno ecc”. Inoltre, come si legge alla rubrica delle Ferie di quel Comune rub. 16, vollero feriati il giorno avanti e il giorno dopo alla detta Festa, con queste parole: “feriati adì 9 Novembre s. Salvadore con un dì innanzi, e adì 10 per detto conto”.
L'altra Festa, che si celebra annualmente della Beata Giovanna, in cui si espongono le Sue Reliquie grandissimo concorso di Popolo, nella seconda Festa di Pasqua di Resurrezione, ebbe ancor essa il suo principio intorno a' medesimi anni, come costa dall'antico Libro d'Entrata, ed Uscita dell'anno MCCCLXXXV, in cui si legge a carte 8: Rem adì 23 di quando si mostra la B. Giovanna, di ciera, e danari al desco ecc.
Dal che si deduce, che fino in quel tempo vi era l'uso di far tal Festa, e si crede, che fosse il giorno anniversario della prima traslazione, o elevazione del Corpo della Beata, fatta, secondo il costume della Chiesa in quei tempi, col consenso del Vescovo, del Clero e del Popolo.”
Il Pievano Naccio o Giovanni de’ Mazzinghi mantenne cos’ la parola data alla Beata Giovanna, era vivo nel 1385, quando cominciarono le grandi manifestazioni del culto della Beata Giovanna. Deduco infine che Naccio morì entro la fine di quel secolo.
A questo punto il cerchio si chiude e tutto torna:
- Il Pievano miracolato di cui si accenna al punto d. promise alla Beata che, se fosse guarito dalla suddetta malattia, ogni anno nel giorno di San Salvatore, cioè nell’anniversario della sua morte, avrebbe celebrato e solennizzato una festa in suo onore e magnificazione; e così avvenne.
- Essendo di provenienza nobile – i Mazzinghi una delle famiglie nobili con origini vicino a San Mauro a Signa – evita di citare il nome della Signora perché con molta probabilità è una nobile, se non addirittura una Mazzinghi;
- In merito al miracolo citato in a. il miracolato si confida con il Pievano.
- Riportiamo ora, sempre dal Codice, il seguente miracolo:
“Nell’anno 1366, al tempo della pestilenza un tale chiamato Mazzingo di Giovanni, del popolo della Pieve di Signa, si ammalò di peste, con gonfiore e tumefazioni all’inguine.
Quando ormai aveva sofferto per tre giorni di tale malattia, essendosi ricordato dei meriti della Beata Giovanna, le promise in voto che se lo avesse guarito, le avrebbe offerto una immagine d’uomo di cera.
Fatto è che stette sempre meglio, fu liberato da ogni malanno ed adempì devotamente al voto.
- Riportiamo anche questo miracolo, che nel codice segue il precedente:
“ La stessa persona, cioè Mazzingo di Giovanni, era così pieno di tumefazioni al capo, che aveva perso la vista. Suo padre che si chiamava Giovanni di Figo, lo portò al sepolcro della Beata Giovanna e gli chiese se lo vedesse, Egli rispose di no, per cui il padre gli prese la mano e con essa offrì al sepolcro del denaro e dentro un’ora da quando fu portato fuori riebbe perfettamente la luce e la vista, rendendo immense grazie Dio e alla Beata Giovanna”. Da ciò si nota che non era un bambino, ma che il miracolato fosse un uomo adulto
- Il miracolato sopra riportato faceva parte della famiglia dei Mazzinghi. L’anonimo scrittore non lo dice per non scoprire l’autore. Svicola volutamente per non farsi scoprire e rimanere anonimo.
Non escludo che Giovanni Mazzinghi, in seguito a questo miracolo, si sia fatto prete ed in seguito diventasse il Pievano di Signa.
- Se fosse così si spiegherebbe la motivazione della scrittura del Codice e la volontà di rimanere umilmente anonimo. In questo caso essendo stato miracolato tre volte da qui la grande promessa di solennizzare e magnificare il 9 novembre la festa del Patrono di Signa e il giorno della morte della Beata Giovanna.
- Conclusioni
Possiamo quindi affermare:
- che Naccio o Giovanni della famiglia dei Mazzinghi Pievano di Signa nel 1383 è l’autore anonimo del Codice Membranaceo conservato da sette secoli nella Pieve di Signa.
- Che essendo il codice scritto da un prete diventato Pievano dia una valenza maggiore a quanto riportato sui miracoli della Beata Giovanna.
- Che il Codice al contrario di quanto dicono sia il Mencherini che il Lastri è stato scritto ben prima del 1383 o addirittura si può pensare che lo abbia iniziato a scrivere quando diventò prete e cioè intorno al 1370, quando aveva all’incirca 20 anni. A quell’epoca aveva avuto il pensiero di trascrivere in onore della Beata i miracoli sostanzialmente visti di persona o raccontati da gente vivente e non per sentito dire.
- Non escludo che, avendo riportato per ultimo il racconto sulla nascita della Compagnia dei Bianchi e relativo miracolo e che nel 1385 si trasformerà nell’Opera della Beata Giovanna, fosse ancora Pievano di Signa e quindi assistette all’apertura della vecchia cassa e, trovando il corpo incorrotto, avesse fatto pressioni sul Capitolo fiorentino perché diventasse Beata se non Santa. Lo stesso Lastri ipotizza che in seguito della scrittura del Codice la Beatificazione di Giovanna possa essere avvenuta tra il 1385 e il 1399. Ma come abbiamo ribadito più volte l’incendio avvenuto all’Arcidiocesi fiorentina nel 1533 bruciò quasi tutta la documentazione e pertanto, nonostante tutta la nostra buona volontà le nostre supposizioni rimangono ipotesi valide, ma non confortate da alcuna documentazione.
La cosa più importante di tutto è che l’Anonimo abbia scritto il Codice. Senza questo documento, con buona pace per tutti, il culto della Beata Giovanna sarebbe negli anni svanito e dimenticato. Grazie allora Pievano Naccio de’ Mazzinghi uomo colto, miracolato e previdente o guidato dalla Beata Giovanna nel trascrivere questo codice che ci consente di partecipare da 707 anni alla Festa della Beata Giovanna.