Intervista a Andrea Flamini, promotore della festa e della cultura piemontese nel mondo
La gente, accalcata in cerchio intorno al grande farò (o falò, se preferite), dopo avere atteso in silenzio e con i cellulari in aria, tira finalmente un sospiro di sollievo: l'anno che viene sarà buono. La pira è bruciata e la sagoma del toro posizionata sulla sua cima è caduta indicando la zona sud della città. Questo è un segno di buon auspicio. Adesso la folla in Piazza Castello inizia a disperdersi e il brusio si confonde con il crepitio del fuoco che lentamente si spegne... Siamo nel pieno della festa di San Giovanni a Torino, una festa "giovane", nata grazie alla volontà di alcune persone che credono fortemente nell'importanza delle feste popolari e dei saperi tradizionali e che riconoscono in esse un fondamentale momento di condivisione fra le persone.
Ho intervistato Andrea Flamini, promotore della festa, e mi sono fatta raccontare meglio come è nata e quali ragioni hanno spinto lui e la Associassion Piemontèisa (di cui è fondatore e Presidente) a proporre la festa patronale di Torino. Ciò che è venuto fuori è una interessante storia di integrazione e di comunione di popoli. La festa è nata infatti in un periodo storico particolarmente difficile per Torino, gli anni di piombo, che furono preceduti da un decennio di intensa migrazione dalle aree rurali del Sud Italia verso la città industriale. Con l'arrivo dei tanti lavoratori meridionali, crebbe anche il rifiuto e la chiusura dei torinesi. La festa popolare di San Giovanni rappresenta dunque uno dei primi tentativi di superamento dell'emarginazione attraverso la condivisione di spazi ed esperienze comuni.
Ecco a voi l'intervista a Andrea Flamini realizzata il 25 giugno 2014.