UN TEATRO PER UNA COMUNITÀ

Il processo di cura della comunità dei dispositivi del Borgo dei narratori è stato generativo, dall’autorganizzazione di alcune associazioni di categoria, all’intraprendenza dei singoli: scuole, esercizi commerciali, associazioni del welfare privato. “UN TEATRO PER UNA COMUNITÀ” è il progetto della Rete con il sostegno del Polo del ‘900 che ha aperto la possibilità di co-organizzare una stagione di appuntamenti per residenze leggere di ospiti che vivano il quartiere per alcuni giorni, ha coinvolto gli abitanti del borgo, gli insegnanti delle scuole presenti con gli allievi e le famiglie, gli Istituti aderenti al Polo del ‘900, il tessuto produttivo, i cittadini esterni che si sono nel frattempo avvicinati a queste metodologie di coinvolgimento diventando partecipi di processi culturali.

Un Teatro per una Comunità è l’eredità diretta dello strumento “Chi è di scena?”, uno strumento performativo rivolto alla cittadinanza di prossimità che, tramite la coprogettazione di un programma e di un  calendario di incontri, ha suscitato grande interesse portando ad una partecipazione attiva dei cittadini; questo a dimostrazione pratica che un progetto culturale può avere una ricaduta sociale positiva sulle comunità in cui opera, creando partecipazione dal basso. Il progetto riparte da un gruppo consolidato, come quello creatosi con il laboratorio dei narratori e il pubblico partecipante a esso legato per definire un piano di azioni che partano dal Polo e tornino a ragionare col Polo stesso.

2021

La seconda edizione del Festival delle piccole storie, “Cercatori di storie” dal 21 al 25 luglio 2021, a partire dalle storie raccolte nel Portale dei saperi incontriamo la figura di Nuto Revelli, che ha fatto della pratica dell’ascolto un atto politico per “dare voce a chi voce non ha”. Tracce di memoria, che giungono a noi dal secolo scorso, si intrecciano con le vicende umane di un nuovo scenario, quello di Porta Palazzo, che accoglie popoli da tutto il mondo.

 

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2020

Da dove nascono le piccole storie?

Dal gruppo di lavoro consolidato degli “spacciatori di cultura”, idea nata ormai 8 anni fa nell'ambito delle attività che la Rete svolge su tutto il territorio nazionale. A Torino, in collaborazione con il Polo del '900, da 4 anni si è andata formando una delle comunità degli “spacciatori di cultura” più attive, che durante i mesi della pandemia ha continuato a incontrarsi e coprogettare. Ed oggi si incontra in uno spazio fisico, inaugurato come luogo di incontro e presidio culturale e sociale della città: Lo Spaccio di cultura - Portineria di comunità.

Da questa esperienza sono state raccolte le storie del come sono state vissute le difficoltà nel periodo di chiusura. Proprio da qui vogliamo (ri)partire, da vicende strettamente personali, da queste piccole storie che possono diventare riflessioni collettive se saremo in grado di elaborarle e renderle parte di un patrimonio comune.

 

Programma

2019

In occasione del 30ennale della caduta del Muro di Berlino la riflessione si muove attorno ai muri, materiali e immateriali che ogni giorno si costruiscono.
Ogni muro che viene eretto rappresenta il sommarsi di una serie di mattoni che vengono costruiti o che si sedimentano nel tempo. La domanda allora che lega simbolicamente la storica caduta di quel muro ai muri di oggi ci riguarda da vicino. Quali mattoni giorno per giorno si stratificano e si accumulano nelle nostre vite? Quali sentimenti legittimano la costruzioni di muri reali e simbolici?

Il primo appuntamento di questa rassegna sarà un laboratorio performativo sul contatto a cura dell'Associazione di Promozione Sociale Tactus di Elena Gilli per esplorare la capacità di entrare in relazione con l’altro dal punto di vista esperienziale attraverso ciò che percepiamo come intimamente nostro, ossia il corpo. Avremo la possibilità di ascoltare se e dove esistano muri, dentro e fuori di noi e l’opportunità di lasciare cadere i muri, anche solo per un attimo...e sentire cosa succede.

Grazie al lavoro che la Rete Italiana di Cultura Popolare svolge nell'ambito del suo progetto di attivazione di comunità con il gruppo di #IOSPACCIOCULTURA compiremo un percorso di costruzione e di analisi dei singoli mattoni di un muro ideale, partendo da ciò che ci è più intimo e più vicino, abbiamo quindi scelto di parlare d’amore, partendo da quello che più dovrebbe unirci e che invece troppo spesso ci divide. Parleremo dai nostri corpi, dai nostri sentimenti, dalla lingua e dalle parole che utilizziamo per stare insieme. Come riusciamo a unirci e a separarci? Come parliamo e come ci comportiamo quando parliamo d’amore? Di che cosa parliamo quando parliamo d’amore?

A 30 anni dalla caduta del muro di Berlino continua il percorso di costruzione e di analisi dei mattoni di un muro ideale, per capire cosa ci unisce e cosa ci divide. Quali passaggi sono permessi? chi decide quando è lecito attraversare un confine? chi sta dentro e chi rimane fuori?

2018

TI OCCUPI DELLE STORIE DELLA TUA COMUNITÀ DI PROSSIMITÀ?
Cosa rende i territori che viviamo molto di più che semplici spazi fatti di cose e oggetti?
Cosa li rende vivi?
Cosa vuol dire prendersi cura di un territorio? Quando rischia di morire un’idea di comunità e come intervenire?

Un luogo è un incrocio di storie che transitano, si mescolano e si stratificano. Le storie che raccontiamo attorno ad un spazio disegnano la trama di un tessuto unico, in perenne movimento e fatto di volti e di voci che ne fanno un diario vivente e immateriale.
Sapere coltivare quelle storie significa farsene carico, fotografarne le caratteristiche, tracciare quelle nuove e far rivivere quelle nascoste. Tutto questo per anticipare le regole della condivisione e della convivenza delle future società.
Per cosa abbiamo gioito e per cosa abbiamo pianto nel 2018? Ci siamo indignati per le cose giuste? E quali sono i nostri propositi per il 2019?
Un rito che la Rete Italiana di Cultura Popolare coltiva grazie alla narrazione de “Il sogno di Benino”. Quando finisce un anno e ne comincia uno nuovo le storie del borgo dei narratori ci offrono l’occasione di guardarci allo specchio e di leggere, attraverso i personaggi messi in scena, le nostre realtà, le nostre difficoltà e i nostri pregiudizi.
Per il quarto anno consecutivo il laboratorio del Borgo dei Narratori si apre al pubblico per narrare i suoi lavori e restituire le storie raccolte in un anno di lavoro e lo fa raccontando un presepe veramente popolare, mettendo in scena narrazioni intime e legate alle vicende degli ultimi per aiutarci a ripartire con una prospettiva nuova.

Cari Bambini,
Cari Genitori,

Il Polo del ‘900 e la Rete Italiana di Cultura Popolare sono felici di invitarvi a vivere il fervore del Borgo dei Narratori: un Borgo che si sta risvegliando con il suo carico di storie, scoperte e novità. Parte il progetto “Un teatro per una comunità”! Il primo appuntamento al quale siete invitati sarà il 24 luglio alle ore 15 presso il Polo del ‘900 allo spettacolo “L’Uomo Tigre. Capire tutto in una notte” di e con Andrea Kaemmerle del Teatro Guasconi di Pisa (rivolto ad un pubblico di adulti e adolescenti, con ingresso libero fino ad esaurimento posti). Nei prossimi mesi saranno numerosi gli appuntamenti che accenderanno i luoghi del nostro Borgo. Da settembre prederanno vita feste, momenti di incontro dedicati alla musica, alla lettura, al teatro per bambini, ragazzi, adulti e molto altro. Un Borgo è fatto di strade, case…e persone! Vi aspettiamo al Polo del ‘900 per condividere storie, passioni e proposte: restiamo in contatto.

Prima di lasciare il passo all’autunno, l’estate dona i suoi frutti perché si compia il rito agricolo della salsa di pomodoro. Una tradizione, scandita dal corso delle lune e dai ritmi della terra, capace di riunire le famiglie e le generazioni in un momento di lavoro, festa e condivisione in preparazione del tempo invernale. Tale secolare usanza oggi incontra una delle più crudeli forme di sfruttamento del lavoro in Italia: il caporalato. Un fenomeno, questo del caporalato, parte di un modello sociale vasto, complesso e trasversale che non si può circoscrivere dentro categorie sociologiche rigide ma necessariamente aperte, in grado di aggiornarsi all'evolversi del fenomeno e al suo strutturarsi localmente e globalmente, comprendendo rapporti articolati tra formale e informale, regolare e irregolare, locale e globale, sino a prevedere la partecipazione di soggetti diversi all'interno della nuova impresa dello sfruttamento, con funzioni correlate tra loro (cfr. Omizzolo, 2017). Al tempo stesso si tratta, però, di un fenomeno non circoscrivibile ad un solo territorio geografico, espandendosi da nord a sul Italia, né ad una specifica etnia dal momento che vedo il coinvolgimento di immigrati provenienti da Nord Africa, dall’Est Europa, dal Subcontinente indiano e dall’Africa Subsahariana. La sensibilizzazione circa la portata del fenomeno e un consumo responsabile dei prodotti agricoli sono in grado di indebolire questo fenomeno denunciandone la crudele violazione dei diritti umani. E anche la salsa di pomodoro si caricherà di un sapore ancora più buono.

Incontri e narrazioni sugli ex manicomi torinesi

 Il 13 maggio 1978, venne approvata la Legge Basaglia. Fu un passaggio epocale per il Paese: lo fu nelle vite di tante persone oltre che nell’immaginario degli italiani. Il professor Basaglia, infatti, impegnandosi nel compito di riformare l’assistenza psichiatrica ospedaliera, mise fine all’esistenza dei manicomi con il loro carico di storie e di dolore, di vite spezzate e famiglie lacerate. Vite umane prima rinchiuse poterono tornare a guardare il cielo, finalmente trattare come persone assistite da un sistema sanitario nazionale senza il vincolo della costrizione. A quarant’anni dall’approvazione della Legge Basaglia sono molti i racconti raccolti nei decenni che narrano le condizioni di detenzione nei manicomi italiani. La città di Torino, con i suoi manicomi, ha vissuto appieno quegli anni tra sofferenza, lotte e occupazioni. A quarant’anni dalla chiusura dei manicomi, queste vicende vanno oggi narrate con una riflessione capace di affrontare le nuove sfide della psichiatria, le esigenze e la marginalizzazione di chi oggi porta con sé le ferite di traumi.

Incontri nelle scuole, proiezioni di filmati, narrazioni itineranti e dialoghi surreali (ma non troppo)