Campus-Molise webCampus Scuola - Progetto di Formazione Permanente per la Cultura Popolare
Le riflessioni dei partecipanti

 

Regione Molise

Rete Italiana di Cultura Popolare

presentano

Campus Scuola Estivo

Progetto di Formazione Permanente per la Cultura Popolare

16 - 21 luglio 2013

Le riflessioni dei Partecipanti

 

Un ‘esperienza fortemente formativa che insegna più di tanti libri: sguardi, sonorità, attrezzi, voci, scorci, sapori sanno raccontare e raccontarsi più di mille parole, sanno arrivare in profondità e restare nella mente in eterno.
Il senso di un Italia che sembra divisa in due da una parte le città caotiche in crisi, dall’altra piccoli paesini quasi deserti dove un sorriso, un saluto hanno ancora una forte importanza.
Questo CAMPUS in Molise ha rispecchiato alla perfezione le mie (alte) aspettative in un ubriacatura a 360° nella cultura, nella storia, nell’anima del Molise.
Insieme con un gruppo ben amalgamato composto da persone che viaggiano in direzioni parallele seppur su temi differenti:  un carovana colorata e simpatica che ha subito fatto a meno di formalismi per aprirsi con curiosità a ciò che questa Regione,  sconosciuta ai più, ci stava donando.
La Regione Molise ha fatto di tutto per presentarsi nel migliore dei modi giocando tutti i suoi assi, dal cibo, ai paesaggi, dai piccoli borghi alle feste più suggestive dimostrando grande consapevolezza e conoscenza del territorio pure da parte degli amministratori locali e questo è un aspetto davvero notevole, Sindaci che hanno una conoscenza così approfondita dal punto di vista storico-culturale del proprio territorio e della propria regione che danno spazio  a ricercatori e storici locali deve far riflettere soprattutto il nord, credo che facendo un piccolo esempio il sindaco della città di Lodi o del paesino comasco da cui provengo non conoscano per nulla la storia del proprio paese ne tanto meno la storia delle chiese, delle zone più antiche della città, ne conoscano di persona esperti del settore. Si è visto un forte lavoro di squadra tra associazioni, esperti, rappresentanti e istituzioni e questo ha contribuito a creare un tour interessantissimo e variegato.
Uno degli aspetti più delicati però facendo il giro di questi undici comuni è stata l’ambiguità con cui la tradizione si confonde e fonde con il folklore, con quell’aspetto falsato legato soprattutto agli spettacoli folklorici che portano in particolar modo la danza ad una dimensione totalmente fuori contesto rispetto a ciò che a mio avviso dovrebbe rappresentare. Spettacoli in costume (spesso simili ai tanti costumi folklorici di tutto lo stivale) in cui la danza perde il suo vero senso legato alla partecipazione attiva della comunità, alla socialità, per rilegarsi dietro una quarta parete che altera lo spirito reale della danza popolare. Diversi comune hanno ormai rilegato la danza popolare ad uno spettacolo fatto da pochi ragazzi che non prevede alcun coinvolgimento del pubblico questo può essere molto pericoloso perché le coreografie vengono studiate per la visione di un pubblico e vengono sostituite le unicità dei passi magari tipici di una zona con coreografie corali più dinamiche e visivamente più complesse per soddisfare la visione di un pubblico passivo, risultando spesso uguali a tutti i gruppi folkloristici italiani del sud ma anche del nord. In queste occasioni la danza secondo me dovrebbe ritornare ad essere vissuta e non solo vista.” Andrea
 
 
"Un' occasione unica per tornare di nuovo ad essere orgoglioso di essere nato in questo paese chiamato Italia.
Non sono le fabbriche, nè i nuovi palazzi di Milano e neanche la politica a rendermi felice di vivere in Italia, ma sono i sorrisi delle persone a rendermi fiero; come quelli che ho potuto vedere durante il Campus in Molise organizzato dalla Rete di Cultura Popolare...
Scoprire vecchie e nuove tradizioni che si uniscono tra passato presente e futuro è stato un vero stimolo.
Studiare e immaginare futuri diversi con nuove direzioni sostenibili che salvano e alimentano un patrimonio culturale e naturale a volte è possibile.
La visita del paese di Jelsi con la sua fantastica festa del grano mi ha dato molta speranza e gioia... perchè abbiamo visto che a volte basta avere la volontà e una buona dose di creatività per re-inventarsi e trovare una nuova identità che segue le orme del passato.
Spero che il lavoro di questo paese possa essere di buon esempio per tutti i piccoli paesini che si sentono isolati o dimenticati.
L'arte e la creatività rendono questo mondo degno di essere vissuto." Andrea
 
 
Il Campus innanzitutto: un’esperienza dalla dimensione plurima, un susseguirsi di circostanze feconde per la creazione di una comunità itinerante che nel suo andare lungo le vie di un complesso percorso di cultura e paesaggio si è fortificata nell’incontro con altre comunità.  Un tempo di forte arricchimento interpersonale: nei racconti di vita, nelle riflessioni, negli interventi, nella musica e nel canto, nella ritualità rievocata si è fatta strada con naturalezza  e altrettanta irruenza la ricchezza della parola viva, che attraversa, pervade e  aggrega con il potere delle sue molte voci che  traggono e comunicano energia e senso sempre a partire da quella corporeità e da quel patrimonio di gesti, che oggi sempre più vivono la sofferenza di un mancato riconoscimento, di un’oppressiva contrattura entro gli stilemi di un vivere  per mediazioni tecniche e tecnologiche.   Nella sua connotazione interstiziale – un tempo se vogliamo sospeso tra le consuetudini e le attività di ciascuno ma anche un tempo non soffocato dall’impellenza delle comunicazioni mediatiche (per lo meno utilizzate con sobrietà e misura dalla gran parte dei partecipanti) – il Campus mi è parso già di per sé un incipit iniziatico alla cultura popolare, una pre-condizione per poter comprendere e interpretare ciò che si annida anche nelle più scontate manifestazioni folcloristiche.   
Il folclorismo, di cui abbiamo avuto alcuni esempi, è una fossilizzazione della cultura popolare, una sua imbalsamazione, utile testimonianza nell’ottica  di una rivisitazione critica, di un poterne ripercorrere a ritroso  i processi di formazione. Credo che fine e valore della Rete italiana di cultura popolare  stiano proprio nel ricomporre un vasto mosaico di storie e tradizioni di socialità – appuntate  nei calendari locali baluardi essenziali  contro l’omologazione di un tempo lineare, asettico, asservito ai tempi dell’economia globale –  e nel riattivarne anche in forme nuove le dinamiche. E’ quanto abbiamo cercato dalla metà degli anni ottanta ad oggi di realizzare a Lodi e a partire da Lodi in altre località grazie al supporto di enti pubblici e soprattutto della partecipazione spontanea di tantissima gente che ha condiviso e sostenuto un lavoro  che  ha fatto scoprire storie nascoste,  ha valorizzato luoghi e paesaggi, ha fatto vivere  momenti di forte  coralità  spesso dimenticata per un noto eccesso di individualismo. E questa è anche la ragione che ci ha indotto ad aderire alla Rete e ora al ritorno dal Campus motiva, nella misura in cui si andrà a definire, un nostro possibile apporto.
Tornando al Campus e al suo sviluppo  mi sento di condividere l’ipotesi di continuare negli itinera  molisani. Un paesaggio da esplorare e comunità da incoraggiare  nel cammino di valorizzazione dei patrimoni culturali. Ho visto donne e uomini  entro e fuori le istituzioni consapevoli e determinati nel dare futuro ai loro  passati/presenti. Stando a una visione antropologica della cultura entro cui si giustifica  la nozione stessa di cultura popolare, si potrebbero tematizzare alcuni aspetti rimasti in margine nel Campus di luglio, come la valorizzazione di una tradizione narrativa (leggende, fiabe, filastrocche…) alveo di trasmissione di più antichi mitologemi e cespite di  più recenti forme di letteratura. E’ a tutti noto il festival della letteratura di Mantova, così ha preso piede a Roma il festival della narrativa di viaggio ma perché non gettare il seme in loco di un qualcosa che rimetta in circolo un’altra parte della genialità popolare? Vi sono molti segni di una rinascita di interessi per la scrittura creativa e molti di questi segni vanno nella direzione di un meticciato, di un incontro con tradizione altre o tradizioni di più antica data. Altro tema di grande interesse  nella prospettiva di un ripensamento complessivo dell’abitare  è quello delle forme tradizionali degli assetti urbani e delle tipologie abitative (organizzazione degli spazi, uso dei materiali, risorse energetiche…). Abbiamo toccato paesi di grande suggestione, abbiamo sfiorato luoghi, poco ci siamo soffermati sulle loro trame. Sono questi naturalmente suggerimenti  che potrebbero contribuire a portar fuori dall’ambiguità semantica l’idea di cultura popolare che per i più coincide con le manifestazione folcloristiche per non dire con una certa storia della canzone italiana o con altre manifestazioni di massa veicolate dalla televisione. Bene hai ricordato Paolini e la sua disperata testimonianza. Vi sono grandi del pensiero anche nel Novecento italiano che hanno saputo scorgere dignità e cultura là dove i più vedevano marginalità  e vecchiume. Oggi di questa marginalità, di cui il Molise è ancora ricco, c’è molto bisogno per rinnovare una modernità che si è rivelata problematica e in molti casi mortifera.
Con la gratitudine per il lavoro compiuto sin qui dalla Rete e per l’attenzione e l’accoglienza riservata  a noi del ‘Laboratorio tutto’ ti saluto e saluto le tue solerti collaboratrici e tutti i partecipanti al Campus” Giacomo
 
 
Il Campus ha significato per me un'occasione di scambio e crescita non solo a livello professionale ma anche personale.
Ho avuto modo di scambiare opinioni e imparare dalle esperienze di Torino e Roma per poter andare avanti con l'organizzazione di "Indovina chi viene a cena" ad Alessandria e di scoprire metodologie e concetti importanti per recuperare, "immortalare" e trasmettere la cultura popolare dei nostri territori.
Rispetto alla progettualità su Alessandria, come accennato durante il Campus, mi piacerebbe sviluppare delle iniziative/attività complementari a "Indovina chi". C'è un bando della Fondazione Social che scade a settembre. Sto preparando una proposta e ve la farò vedere appena pronta.
Sul Molise...mi sembra che il lavoro avviato e fatto con la Regione e i vari Comuni sia ottimo. 
Forse potrebbe essere un valore aggiunto creare dei tavoli tecnici di scambio di best practices tra funzionari e sindaci di varie Regioni italiane. Una specie di CAMPUS ad hoc anche per loro. 
Un'alternativa più semplice, potrebbe essere creare una sorta di documento (linee guida? vademecum? manuale?) in cui si raccolgono le esperienze di successo di Comuni che si distinguono per la loro attività di recupero e trasmissione delle tradizioni.
Complimenti anche per il progetto dell'archivio partecipato. Riuscite a fare di "idee semplici" dei "progetti geniali"! ;-)
Come sapete questo del Campus era il mio primo approccio alla cultura popolare, sono più ferrata su altri temi sociali e di cooperazione internazionale.
Potrebbe comunque essere interessante sviluppare, con gli attori della rete, anche progetti di altro tipo (mantenendo sempre un legame con le tradizioni). Mi vengono in mente progetti europei di scambio di conoscenze e esperienze su sport tipici o progetti che legano vari Paesi attraverso l'identificazione di itinerari turistici tematici.
Contate pure su di me, collaboro con piacere!  Un caro saluto e a presto!” Mara
 
 
Un viaggio è un viaggio……e mette in moto tante cose…..non solo i piedi e le rotelle della valigia…..è chiaro che già prima di partire dentro te si mette in cammino la voglia di fare di cambiare di vedere di conoscere di INCONTRARE…… perché la vera realtà è l’incontro …..con i luoghi, con la gente, con le emozioni che prendono forma di occhi, visi, parole, oggetti, musica.
Quest’anno è stato di scena il Molise….lo sconosciuto ! Conoscevo già il Sud….ed il profondo Sud…. ma questo pezzetto d’Italia è stato davvero sorprendente: i luoghi sono dolci all’occhio, ma di una dolcezza aspra…..la gente è fiera, ma di una fierezza ingenua…..accogliente fino a farti sentire in imbarazzo…. il cibo e la musica sono comunque anche qui il collante per aprirsi e parlare…..del presente del futuro e del passato allo stesso tempo…..ogni discorso fatto ed ascoltato ha avuto questa trama…..chi siamo stati chi siamo chi saremo.
Sono stati discorsi complessi quelli del Campus….rinnovati ad ogni tappa….con i sindaci con i rappresentanti delle associazioni locali con la gente qualsiasi…..il mio occhio più rivolto ai bambini ed ai ragazzi me li ha mostrati subito già in piazza a Montaquila…..mi son piaciuti moooooolto più che il sindaco…..con la loro voglia di ballare e recitare la loro realtà : di tutte le parole di tutti i gesti di tutti gli incontri penso che sia stata palpabile una grande emozione : la SPERANZA !
Per chi abbiamo incontrato la speranza di non essere più soli in questa parte di mondo piccolo piccolo , di acquisire quella visibilità necessaria a fare le scelte coraggiose che i nostri tempi richiedono….. per noi la speranza di riuscire ancora a dialogare in maniera autentica con loro facendo tesoro proprio delle differenze grandi e piccole che ci contraddistinguono.
Non riesco a pensare con molta concretezza cosa nascerà dai nostri incontri….quelli “interni” al gruppo…..mai come quest’anno fatto di volti lievi ….direi soavi….. e cosa invece si concretizzerà attraverso la Rete….. questa cosa che ha i buchi ma che sa tenere INSIEME…..  sono sicura in ogni caso che quello che si potrà costruire andrà fatto con lo stesso entusiasmo di partecipazione che ci ha visti protagonisti del Campus.”  Ida
 
 
Il Campus Scuola in Molise ha dato la possibilità ai partecipanti di:
-        conoscersi e confrontarsi sulle rispettive aree di provenienza e sui diversi temi emersi;
-        approfondire la conoscenza della filosofia della Rete e dei progetti in corso;
-        avvicinarsi al patrimonio culturale materiale e immateriale molisiano;
-        riflettere su come continuare quanto avviato nel proprio territorio.
In un primo tempo sono rimasta un po’ perplessa per la diversità formativa e professionale dei partecipanti al Campus, ma subito mi sono resa conto che proprio questo è il punto di forza della Rete, ossia quello di condividere progetti e idealità coinvolgendo diversi mondi per conoscere altri punti di vista, prospettive e modi di intendere e valorizzare i beni culturali attingendo linfa vitale dalle esperienze della scuola, delle associazioni, del teatro.
La cultura popolare non deve infatti essere prerogativa esclusivamente del mondo accademico e degli addetti ai lavori, bensì è importante che divenga a tutti gli effetti “patrimonio” condiviso dalla gente e dalle comunità. Per cui ben venga un Campus composto da soggetti così eterogenei per età, provenienza, interessi e formazione.
Come ricercatrice avrei preferito venisse dedicato più tempo ad esperienze concrete di documentazione e progettazione condivisa con i territori visitati, ma forse si potrebbe pensare in futuro un percorso formativo specifico.
Si potrebbero strutturare dei corsi paralleli (ad esempio un gruppo eterogeneo come quello attuale, un gruppo composto da artisti e ricercatori della rete e del territorio) con punti di tangenza per condividere esperienze, percorsi e risultati, al fine di portare un contributo concreto anche alle comunità coinvolte.
La ricchezza del programma non ha permesso, infatti, di attivare scambi e progetti con le comunità molisiane, spesso coinvolte solo attraverso le associazioni che si sono occupate (in modo ineccepibile!) dell’ospitalità.
Pertanto i partecipanti al Campus sono stati per lo più spettatori, anche se non del tutto passivi. In alcuni momenti ci si è confrontati con i progetti di rete e si è avuto modo di condividere opinioni ed esperienze solo con alcuni referenti, ma sempre e comunque in modo affrettato e sporadico, ad esempio in alcuni Comuni quali Sessano, Chiauci, Castelnuovo, Vastogirardi e Jelsi.
Durante un incontro uno dei docenti dell’Università del Salento (la dott.sa Manfreda?) ha parlato di come le comunità si narrino e si rappresentino e perciò siano consapevoli del proprio patrimonio culturale. Su questo punto avrei delle riserve poiché il patrimonio, soprattutto immateriale è spesso considerato scontato, ovvio e perciò sottovalutato. Un esempio sono stati i canti delle anziane di Montaquila. Forse perché si temeva che i partecipanti al Campus non capissero il dialetto locale, sono state cantate, con tanto di foglio dei testi, canzoni popolari in italiano note a tutti (Quel mazzolin di fiori, Amor dammi quel fazzolettino). Ma a seguito della rappresentazione le anziane hanno continuato a cantare motivate dal ritrovarsi insieme in un momento di festa e dall’ “urgenza” di eseguire il proprio repertorio tradizionale. Allora ho chiesto a una delle ragazze vestite con il costume tradizionale, se sapeva quante canzoni conoscono le donne del paese e se lei ne conosceva qualcuna. Lei non sapeva esattamente quante canzoni e ne conosceva solo poche tramandate dai famigliari e non mi è sembrata particolarmente interessata a parlarne e a saperne di più.
Lo sguardo a volte ingenuo dei “forestieri” può aiutare le comunità locali a prendere consapevolezza del valore delle proprie peculiarità, ad individuare repertori e patrimoni, a stimolare progetti e modalità di condivisione e valorizzazione. L’idea di un Campus pensato perché il territorio possa incontrare altre comunità è senz’altro ottima, ma, a mio avviso, bisogna pensare anche ad altre modalità proprio per poter innescare un percorso virtuoso di effettiva salvaguardia, innovazione, diffusione.
Alla Regione Molise consiglierei di proseguire il lavoro organizzando dei gruppi di lavoro composti da ricercatori locali, dalle scuole e dai referenti delle diverse realtà presenti sul territorio e della Rete individuando temi e modalità di ricerca-azione.
Fra i molteplici temi che si potrebbero sviluppare suggerirei ad esempio:
-        la festa: il volo dell’Angelo a Vascogirardi, la festa del grano di Jelsi, il Carnevale di Jelsi e Castelnuovo, S. Rocco a Montaquila, ecc.;
-        i mestieri e i prodotti: l’allevamento e la produzione lattiero-casearia, artigianato degli strumenti musicali (zampogne, tamburi, ecc), la cucina molisana, i merletti con il tombolo di Pesche e Isernia, ecc.;
-        i canti e la danza.
I temi sono fra loro collegati. La festa potrebbe essere uno dei temi trainanti non solo perché è il momento in cui la comunità si riunisce e si identifica ma poiché durante la festa si prega, si danza, si balla, si suona, si parla, si cucina, si mangia insieme.
Fra le azioni che si potrebbero mettere in atto:
-        avvio di una mappatura delle peculiarità relative al patrimonio culturale materiale e immateriale da includere nell’Archivio partecipato;
-        ricerca sul campo con interviste agli anziani ma anche ai giovani che proseguono e rinnovano la tradizione;
-        documentazione (ad esempio della festa: preparativi, svolgimento, ritorno all’ “ordine”);
-        avvio di un laboratorio permanente con le scuole del territorio anche finalizzato alla formazione di nuovi ricercatori;
-        inserimento e condivisione del materiale raccolto nell’Archivio partecipato;
-        presentazione dei progetti durante il Festival OP di Torino.” Carla
 
 
Ho partecipato al Campus  con la visione dall’interno Rete , ma anche cercando di sentirmi un’esterna  e di arrivare quindi ad una considerazione finale il più possibile obiettiva.
L’esperienza è stata  indubbiamente interessante soprattutto dal punto di vista della mappatura “in loco” dei Comuni sià di quelli già aderenti al progetto Patrimoni che di quelli potenzialmente interessati.
Concordo con  le considerazioni già pervenute da altri partecipanti sia sul “tour de force” che, se ha consentito di visitare molte realtà, è servita da infarinatura, non consentendo , date le tempistiche ristrette, di approfondire la conoscenza delle comunità e dei possibili testimoni di tradizioni locali, sia sul fatto che in alcuni casi le espressioni  performative si siano rivelate  esibizioni folcloristiche a volte divertenti  ma per  nulla attinenti con il  lavoro della Rete.
Al di là della generosa ospitalità, se da parte istituzionale la presenza è stata costante e partecipata e si tratterebbe eventualmente di approfondire le ricerche a priori da parte Rete prima degli incontri, in modo da poter attivare o concludere i processi di adesione,  e potrebbe   far ben sperare in future collaborazioni la presenza degli esperti (storici, musicisti, ecc) significativa  , la sensazione su alcune  associazioni , e quindi sulla parte che realmente opera all’interno delle comunità  in zona, è stata che la Rete risulti  più come un’agenzia di promozione eventi  con cui poter stabilire rapporti commerciali  indipendenti dal territorio piuttosto che una realtà che si occupa in modo scientifico di ricerche e progetti concreti, conclusione  piuttosto disarmante volendo contare appunto su soggetti con cui poter colloquiare  in funzione di eventuali “antenne” sulle rispettive aree.
Non ho esperienza di itinerari formativi precedenti da poter utilizzare come parametri , ma l’impressione è  che i “compagni di viaggio” siano stati in linea di massima  motivati e inclini a ripetere, con le dovute  ottimizzazioni, l’esperienza, riportando per ora stimoli su cui riflettere e sviluppi da elaborare sia nell’ambito delle rispettive attività che in prospettiva di future collaborazioni con la Rete.” Irma