L'opera raccoglie l'intera produzione letteraria, in dialetto piemontese, di Padre Ignazio Isler, che operò a Torino tra il 1730 e il 1766.
Oltre che uomo religioso di grado elevato, è artista e uomo colto. Ma quando scrive le sue poesie e ne compone la musica, egli dimentica la sua cultura, i classici, la stessa sua autorità confessionale: ridiventa "primitivo", elementare, anonimo, un popolano tra una moltitudine di popolani. Le sue canzoni, divenute subito popolari, sono profuse di una giocondità smaliziata, di una satira che non risparmia nessuno e mette in comica luce i personaggi, rendendoli tipi e figure indimenticabili: da Giaco Tross a Lucrezia Gelofrada, da Barba Giròni alle "signore Magne".