Il poema dialettale Acqua, Foco e Vento, pubblicato per la prima volta nel 1929 (Carabba, Lanciano), chiude la stagione dialettale e artistica di Cesare De Titta (Sant’Eusanio del Sangro, 1862-1933), uno dei più apprezzati poeti abruzzesi del primo Novecento.
Dopo aver dato alle stampe Terra d’oro (1925), che è universalmente indicato come il vertice dell’arte della ricerca filosofico-esistenziale detittiana, l’autore continua a pensare ad un poemetto filosofico nel quale esprimere la visione dell'angosciata storia dell'anima umana, visione che crede appunto di realizzare in Acqua, foco e vento.
A di là del parziale insuccesso di questa opera, va certamente riconosciuto che nelle mani di De Titta, noto anche per la sua vasta produzione in lingua e in latino, il dialetto del paese natio divenne un prezioso strumento di scrittura, come dimostrano le numerose opere pubblicate: Canzoni Abruzzesi (1949), Nuove canzoni (1923), i poemetti Gente d’Abruzzo (1924), un’interessante produzione teatrale (A la fonte, La Scuncordie, ecc. ), Terra d’oro (1925) e, infine, Acqua, Foco e Vento (1929).
I versi, accompagnati dalla traduzione italiana a fronte, sono preceduti Prefazione e della Dedica. Conclude il volume l’Avvertenza sulla pronuncia e la scrittura del dialetto abruzzese.