Nel presente saggio Louis-Jean Calvet dimostra come lo studio della lingua abbia sempre proposto una visione delle comunità linguistiche e dei loro rapporti che molto spesso è stata usata per giustificare l’impresa coloniale. In un certo senso la linguistica si è quindi configurata, fino al Novecento, come una maniera per “negare” la lingua degli altri popoli, e questa negazione ha costituito il fondamento ideologico della “superiorità” dell’Occidente cristiano nei confronti dei popoli “esotici” da asservire.
Tale fenomeno non è venuto meno neppure dopo l’avvento della “decolonizzazione”: l’autore lo constata attraverso numerosi esempi, non solo relativi alle colonie, ma anche al territorio della stessa Francia metropolitana, dove le lingue regionali si ritrovano vittime di una sorta di imperialismo linguistico costituito dalla “francofonia”.