Il travaglio di un popolo, rimasto vivo e vitale attraverso un millennio di rinunce e di privazioni; vicende di personaggi caratterizzati in modo indimenticabile; la lingua peculiare – il griko – che alla fine del racconto si smorza in modo quasi inavvertibile; il brusco crollo delle ideologie fasciste e tanti altri motivi animano questo romanzo di Rocco Aprile (Calimera, 1929), che si snoda in un susseguirsi di scene rapide e improvvise, in uno stile apparentemente dimesso, ma sempre sorvegliato e sobrio.
Il romanzo sfugge ad ogni superficiale classificazione: più che una narrazione è una lunga cronaca, con personaggi realmente esistiti. Tuttavia supera i ristretti limiti del resoconto, per spaziare in orizzonti sempre più vasti, che immergono in lettore in un mondo che oggi sembra ormai rifarsi a un’epoca mitica e remota.