Testimone della Cultura Popolare nel 2014 ®
Emilio Jona nasce nel 1927, è avvocato. Studioso di cultura popolare, è autore di poesie, romanzi, racconti, saggi, libretti d’opera e canzoni.
E’ consigliere d'amministrazione del Teatro Regio di Torino dal 1992 al 1996 e della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella dal 1995 al 1999.
Ha svolto ricerche nel campo della canzone sociale e politica e sulla cultura e storia orale in genere, pubblicando saggi, realizzando dischi e testi radiofonici. Negli anni 1957-61 è stato uno degli iniziatori del gruppo "Cantacronache", la prima esperienza in Italia di canzone d'autore in opposizione a quella di consumo.
Ha scritto, per le musiche di Giacomo Manzoni, i libretti delle opere La sentenza e Atomtod e, per le musiche di Sergio Liberovici, Maelzel o delle macchinazioni.
Con Sergio Liberovici ha condotto ricerche sull'espressività popolare urbana e contadina, finalizzate alla scrittura e alla realizzazione di un teatro radicato nel territorio: Il 29 luglio del 1900 (1972, premio Riccione); Per uso di memoria (1972); L'ingiustizia assoluta (1973); É arrivato Piero Gori, anarchico, pericoloso e gentile (1974); Or se ascoltar mi state (1976).
Ha pubblicato: poesie: Tempo di vivere, Milano, Mondadori, 1955; Conferenze, Sora, Edizione dei Dioscuri, 1984; La cattura dello Splendore, Milano, Scheiwiller, 1998 (finalista Premio Viareggio; Premio Catanzaro Poesia); testi teatrali: L'ingiustizia assoluta - cantata drammatica per attori, gruppi folk e bande musicali, Firenze, Guaraldi, 1974; romanzi e racconti: Inverni alti, Padova, Amicucci, 1959; Un posticino morale, Milano, Scheiwiller, 1984; L'aringa, Milano, Scheiwiller, 1994; saggi: Le canzonette che fecero l'Italia, Milano, Longanesi, 1962; Le canzoni della cattiva coscienza, Milano, Bompiani, 1964; Canti degli operai torinesi. Dalla fine dell'800 agli anni del fascismo, Milano, Ricordi-Unicopli, 1990; Cantacronache. Un'avventura politico-musicale degli anni '50, Torino, Scriptorium-Paravia, 1995; Sono arrivato e la figura c'era in me (Da un'esperienza didattica alla cultura degli immigrati in una fabbrica torinese, Roma, Meltemi, 2000; Giacomo Debenedetti. L'arte del leggere, Milano, Scheiwiller, 2001; Senti le rane che cantano. Canzoni e vissuti popolari della risaia (con Franco Castelli e Alberto Lovatto), Roma, Donzelli, 2005; Le ciminiere non fanno più fumo. Canti e memorie degli operai torinesi (con Franco Castelli e Alberto Lovatto), Roma, Donzelli, 2008.
È redattore del periodico di cultura ebraica Ha Keillah (La Comunità).
Il gruppo dei Cantacronache nacque nel 1958 a Torino, con l’intento dichiarato di opporsi e contestare la canzone dominante in quegli anni, che era,emblematicamente rappresentata dal Festival di San Remo, che essi definivano “gastronomica”, vale a dire di consumo, e che era dominata da forme letterarie e musicali estremamente povere ed elementari, del tutto evasive rispetto alla società del tempo. Il loro entroterra era la canzone francese di Brassens, di Brel, di Montand e l’esperienza musicale tedesca di Brecht, Weill, Eisler, a cui dichiaratemente si ispirarono.
L’idea partì da Sergio Liberovici e Michele L. Straniero, a cui si unirono Fausto Amodei, Giorgio De Maria ed Emilio Jona, che costituì il gruppo originario, ad essi si aggiunsero Italo Calvino e Franco Fortini. Fu il primo organico progetto di letterati e musicisti colti di intervenire nel campo della canzonetta, proponendo testi e musiche di contenuto politico e sociale, ed ebbe sicuramente un’importanza sulle fortune dei Cantautori, e un influenza sulla nascita di una nuova canzone.
I Cantacronache crearono una loro rivista, ebbero una loro casa discografica, e poiché non avevano ingresso alla radio e alla televisione pubblica, per i contenuti critici delle loro canzoni, andarono in giro loro stessi a cantarle, in Circoli, Case del Popolo, meetings popolari della sinistra, e così facendo incontrarono il vecchio canto popolare sociale e politico della fine dell’800 e del primo 900, prima che il fascismo spazzasse via questa ricca cultura popolare, canto del tutto ignorato dalla cultura folklorica dominante del tempo. Alcuni di essi, in ispecie Jona, Liberovici e Straniero divennero degli studiosi di quei canti ed insieme, soprattutto, a Leydi, Bosio, Coggiola, Bermani, furono gli iniziatori di uno studio sistematico di quella forma di canto popolare.